Bellinzona, 18 maggio 2021 – Un team internazionale di ricercatori dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina, affiliato alla Università della Svizzera italiana (USI), ha fornito una descrizione dettagliata della risposta immunitaria dei linfociti T che ha luogo nella malattia da coronavirus COVID-19. Lo studio, pubblicato nell’ultimo numero della prestigiosa rivista Science, è stato svolto presso il Centro di Immunologia Clinica guidato dalla Prof.ssa Federica Sallusto, e reso possibile grazie alla stretta collaborazione con strutture sanitarie del Canton Ticino e Italia, quali l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), la Clinica Luganese Moncucco, il Policlinico S. Matteo di Pavia, e l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (INGM) di Milano.
I linfociti T sono cellule del sistema immunitario che circolano nel sangue e sono molto importanti per fornire protezione contro patogeni come SARS-CoV-2, l’agente infettivo causa della pandemia da malattia da coronavirus COVID-19. Tali linfociti T possono neutralizzare la minaccia direttamente e indirettamente, fornendo supporto e aiuto alla produzione di anticorpi protettivi. “La precisa comprensione dei meccanismi tramite cui i linfociti T rispondono alla infezione da parte di SARS-CoV-2 potrebbe aiutare nella progettazione di vaccini di prossima generazione contro i coronavirus”, sottolinea la Prof.ssa Federica Sallusto.
Il coronavirus SARS-CoV-2 è composto di diverse proteine tra cui la glicoproteina Spike, la quale contiene una porzione, denominata receptor-binding-domain (RBD), che permette il legame del virus alle cellule umane per iniziare l’infezione. “Nel nostro studio abbiamo voluto capire quali proteine di SARS-CoV-2 sono bersagliate dai linfociti T, cellule fondamentali per combattere patogeni infettivi”, afferma il Dott. Federico Mele, uno dei principali autori dello studio. Analizzando quasi 3000 cloni di cellule T CD4, isolati da 34 donatori esposti al coronavirus SARS-CoV-2, il gruppo di ricerca ha scoperto che la porzione RBD è uno dei principali bersagli. “È stato sorprendente scoprire che in particolare una piccola zona di RBD, costituita di soli 20 amino acidi, è riconosciuta dai linfociti T in quasi tutti gli individui analizzati! La scoperta di questa regione immunodominante offre una base molecolare comune tra le risposte immunitarie di tutti i donatori esposti alla infezione da SARS-CoV-2 o a vaccinazione” dichiara Daniela Vaqueirinho, dottoranda al USI e un’altra autrice principale dello studio.
Ogni linfocita T è dotato sulla superficie cellulare di un recettore per l’antigene, denominato T cell receptor (TCR), che è utilizzato per riconoscere i patogeni. Tramite sequenziamento dei recettori TCR dei linfociti T specifici per SARS-CoV-2 isolati da pazienti guariti da COVID-19, gli autori hanno scoperto che la malattia COVID-19 porta allo sviluppo di diversi tipi di linfociti T CD4, ciascuno dotato di proprietà funzionali distinte e importanti per offrire protezione. “È stato un sollievo scoprire che molti linfociti T specifici per SARS-CoV-2 sono rintracciabili nel sangue ancora fino a 12 mesi dopo l’infezione. La longevità di queste cellule è fondamentale per garantire una risposta immunitaria protettiva di lunga durata”, dice il Dott. Jun Siong Low, un altro autore principale dello studio.
Alcuni ceppi di coronavirus circolano da molti anni in maniera endemica nella popolazione umana e possono essere la causa di malattie come il raffreddore comune. Una delle ipotesi che gli autori hanno investigato è se la risposta immunitaria sviluppatasi negli anni precedenti in risposta ai coronavirus del raffreddore comune possa contribuire in qualche modo alla risposta al nuovo coronavirus SARS-CoV-2. A tale scopo, il gruppo ha studiato in dettaglio un donatore da cui sono stati raccolti campioni di sangue prima e dopo la malattia COVID-19. Con questo approccio, gli autori hanno scoperto che in questo donatore alcuni dei linfociti T che riconoscono SARS-CoV-2 erano presenti nel sangue già molti anni prima dello scoppio della pandemia da COVID-19, e che alcuni di questi linfociti sono in grado di riconoscere tutti i coronavirus, compresi quelli endemici che causano il raffreddore. “Complessivamente i nostri risultati mostrano che alcuni linfociti T preesistenti, sviluppati probabilmente a seguito di precedenti infezioni da coronavirus endemici che causano il raffreddore comune, possono essere reclutati nuovamente per combattere il nuovo coronavirus SARS-CoV-2” rimarca il Dott. Antonino Cassotta, autore senior dello studio.
Questo lavoro è stato in parte finanziato dalla Fondazione Henry Krenter, la Fondazione Cariplo, il Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica e il Fondo per la ricerca EOC.
Articolo
Clonal analysis of immunodominance and cross-reactivity of the CD4 T cell response to SARS-CoV-2.
Low, J. S., D. Vaqueirinho, F. Mele, M. Foglierini, J. Jerak, M. Perotti, D. Jarrossay, S. Jovic, L. Perez, R. Cacciatore, T. Terrot, A. F. Pellanda, M. Biggiogero, C. Garzoni, P. Ferrari, A. Ceschi, A. Lanzavecchia, F. Sallusto and A. Cassotta
Science. 2021; DOI: 10.1126/science.abg8985
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