11 Settembre, 2019
Un team internazionale di ricercatori guidato dall’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB, affiliato all’Università della Svizzera italiana) ha scoperto le cause per cui in alcuni pazienti con sclerosi multipla si innesca una risposta immunitaria che limita l’efficacia del natalizumab, un anticorpo terapeutico usato per il trattamento della malattia, e sfruttato tali informazioni per progettare una nuova versione dell’anticorpo che eviti questo problema. Lo studio, pubblicato sulla rinomata rivista scientifica Nature Medicine, è stato realizzato in collaborazione con ricercatori della Sanofi (Francia), dell’Università di Innsbruck (Austria) e della Fondazione Mondino di Pavia (Italia). Il progetto è stato in parte sostenuto dal Fondo Nazionale Svizzero per la Scienza (FNS) e dall’iniziativa ABIRISK dell’Innovative Medicines Initiative (IMI).
Il contesto
Gli anticorpi monoclonali – come il natalizumab – sono una nuova classe di potenti farmaci usati per trattare malattie autoimmuni e diversi tumori, ma la loro efficacia può essere compromessa dalla capacità del sistema immunitario di sviluppare anticorpi contro il farmaco stesso. In particolare, il natalizumab è un farmaco molto efficace nel trattamento di pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, in quanto è in grado di bloccare la migrazione dei leucociti nel sistema nervoso centrale riducendo così l’infiammazione. Purtroppo, circa il 6% dei pazienti non può beneficiare di questo trattamento perché produce anticorpi anti-farmaco che neutralizzano l’attività del natalizumab. Comprendere le basi biologiche di questa risposta immunitaria indesiderata è fondamentale per sviluppare una versione più efficace del natalizumab e in generale degli anticorpi terapeutici.
Struttura di un anticorpo neutralizzante (blu) che si lega a natalizumab (grigio) (gentile concessione Luca Piccoli; struttura fornita da Vincent Mikol e collaboratori). |
La scoperta
Il gruppo di ricercatori dell’IRB, coordinati dal Dr. Luca Piccoli, ha isolato una classe di anticorpi monoclonali da pazienti affetti da sclerosi multipla che avevano manifestato una reazione allergica dopo aver ricevuto il natalizumab, e scoperto che alcuni di questi anticorpi avevano acquisito l’abilità di interagire così fortemente con il farmaco da neutralizzarne l’attività. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che questa risposta anticorpale è innescata da poche cellule T in grado di riconoscere una piccola porzione del farmaco. Utilizzando queste informazioni, hanno potuto ingegnerizzare una versione “deimmunizzata” del farmaco che non viene riconosciuta dalle cellule T specifiche.
In sintesi, lo studio dell’IRB ha dimostrato un approccio generale per rimuovere il tallone d’Achille degli anticorpi terapeutici e aumentarne potenzialmente l’efficacia.
Identificazione del tallone d’Achille (blu) di natalizumab (grigio) responsabile della sua immunogenicità. La deimmunizzazione di questa porzione non influisce sul legame con il target NZM (arancione) che si verifica attraverso altri siti dell’anticorpo (verde) (gentile concessione Luca Piccoli) |
I commenti
Secondo il Dr. Luca Piccoli, coordinatore e coautore dello studio, “Integrando le tecnologie più avanzate abbiamo identificato con successo il tallone d’Achille di un anticorpo efficace nel trattare la sclerosi multipla. Questo è un approccio molto potente per guidare le strategie di deimmunizzazione di anticorpi di nuova generazione”.
Per Antonino Cassotta, coautore dello studio, “È sorprendente scoprire che una porzione così piccola del natalizumab possa innescare una risposta anticorpale neutralizzante così ampia e potente, ed ancor più stimolante è essere stati in grado di ridurre l’effetto immunogenico di un farmaco”.
Il Prof. Antonio Lanzavecchia, direttore dell’IRB e coautore dello studio, afferma: “La strategia di deimmunizzazione che è stata utilizzata per il natalizumab può essere impiegata per il miglioramento di altri anticorpi terapeutici attualmente in uso, inclusi gli “inibitori dei checkpoint immunitari” per la terapia del cancro che in alcuni pazienti causano una indesiderata risposta immunitaria. Una strategia reciproca potrebbe invece essere impiegata per migliorare l’immunogenicità dei vaccini”.
La Prof. Federica Sallusto, coautrice dello studio, afferma: “Quest’analisi dettagliata mostra come i diversi attori della risposta immunitaria contro i farmaci biologici siano interconnessi tra loro. Il nuovo approccio di deimmunizzazione razionale di biomolecole sarà di beneficio per un numero sempre maggiore di pazienti.”.
Articolo
A single T cell epitope drives the neutralizing anti-drug antibody response to natalizumab in multiple sclerosis patients. Antonino Cassotta, Vincent Mikol, Thomas Bertrand, Stéphanie Pouzieux, Josiane Le-Parc, Paul Ferrari, Jacques Dumas, Michael Auer, Florian Deisenhammer, Matteo Gastaldi, Diego Franciotta, Chiara Silacci-Fregni, Blanca Fernandez Rodriguez, Isabella Giacchetto-Sasselli, Mathilde Foglierini, David Jarrossay, Roger Geiger, Federica Sallusto, Antonio Lanzavecchia, Luca Piccoli. DOI: 10.1038/s41591-019-0568-2. Nature Medicine, volume 25, pages1402–1407 (2019)