Bellinzona, 7 settembre 2021 – Dopo lo sviluppo di un anticorpo di seconda generazione contro il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) e le sue varianti, l’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB, affiliato all’USI) si appresta a passare alla fase di sperimentazione clinica con il supporto finanziario della Commissione europea.
Descritto in uno studio pubblicato a marzo sulla prestigiosa rivista Nature, l’anticorpo soddisfa le necessità di un moderno farmaco contro il virus SARS-CoV-2 (la causa della COVID-19): protegge dalle varianti del virus, inclusa la delta ormai ubiquitaria; non permette al virus di generare nuove varianti in risposta al trattamento; e ha una forte capacità di resistere alle future mutazioni virali grazie al modo in cui è stato progettato. L’anticorpo sviluppato dall’IRB si differenzia da tutti gli altri attualmente disponibili perché ‘doppio’ (in gergo, bispecifico). Si tratta, in pratica, di due anticorpi fusi in una singola molecola.
Luca Varani, direttore di laboratorio all’IRB, commenta: “Fa molto piacere vedere muoversi verso la clinica un anticorpo sviluppato dai nostri gruppi di ricerca qui nella Svizzera italiana; ancora di più essendo riusciti a farlo senza le risorse finanziarie delle grandi ditte farmaceutiche. Il percorso per arrivare ai pazienti è ancora lungo e tortuoso, ma siamo riusciti a metterci in moto. Fino ad ora la molecola ha sorpassato brillantemente tutte le prove di laboratorio, rivelandosi estremamente potente contro il virus SARS-CoV-2; speriamo di poter continuare senza troppi intoppi”.
Le cure a base di anticorpi si affiancano alla vaccinazione e possono essere particolarmente utili quando quest’ultima non funziona bene, come purtroppo a volte accade in pazienti oncologici o immunosoppressi. Un vaccino stimola il nostro sistema immunitario a produrre anticorpi contro il virus; il processo richiede qualche settimana. Gli anticorpi, invece, si iniettano direttamente nel corpo e possono agire immediatamente contro il virus; possono essere somministrati ai primi sintomi di COVID-19 (terapia) oppure prima di ammalarsi (profilassi), nel qual caso rimangono in corpo e sono in grado di proteggere dall’infezione per settimane o mesi.
L’intenzione è di avviare la sperimentazione clinica in Ticino. Davide Robbiani, Direttore dell’IRB, commenta al riguardo: “Questo progetto illustra come scoperte nei laboratori accademici di Bellinzona abbiano il potenziale di rapidamente trasformarsi in farmaci. Stiamo ora lavorando con ricercatori clinici dello IOSI/EOC (Istituto Oncologico della Svizzera italiana, Ente Ospedaliero Cantonale) per far sì che la sperimentazione nell’uomo possa avvenire negli ospedali della nella Svizzera italiana, creando così nuove sinergie tra enti attivi sul territorio”.
L’anticorpo di seconda generazione è stato sviluppato interamente con fondi pubblici elargiti dalla Commissione europea, giunti all’IRB come parte del consorzio di ricerca ATAC (Antibody Therapy Against Coronavirus) del programma Horizon 2020. Il consorzio include anche il Centro comune di ricerca della Commissione Europea a Ispra (Italia), l’ospedale San Matteo di Pavia, il Karolinska Institutet di Stoccolma e l’Università di Braunschweig (Germania). Anche i costi degli studi clinici iniziali, cosiddetti di Fase 1, verranno coperti da una sovvenzione straordinaria di 2.5 milioni di euro da parte della Commissione europea.
La decisione della Commissione europea di investire fondi straordinari per la ricerca su COVID-19 nella Svizzera italiana fa seguito alla notizia che l’IRB è stato recentemente riconosciuto per l’ottenimento di fondi europei tramite il programma ISIDORe (Integrated Services for Infectious Diseases Outbreak Research), che sostiene la ricerca scientifica internazionale contro le malattie infettive con potenziale pandemico.