Il gruppo di ricerca guidato da Mariagrazia Uguccioni ha identificato, nei pazienti con spondilite anchilosante (SA), una popolazione di linfociti CD8 ad alta citotossicità con aumentata espressione di recettori per le chemochine e di geni che promuovono il processo di ossificazione. Lo studio, pubblicato su RMD Open, indica nuovi bersagli terapeutici per il trattamento della SA.
Bellinzona, 21 Marzo 2024 – La spondilite anchilosante (SA) è una rara malattia autoimmune caratterizzata da un’eccessiva infiammazione nella colonna vertebrale e conseguente deposizione di matrice ossea. I pazienti affetti da SA spesso presentano altre manifestazioni, tra cui infiammazione della pelle, dell’intestino e degli occhi. Gli attuali trattamenti non sempre riescono a fermare l’eccessiva deposizione di matrice ossea a livello della colonna vertebrale.
In questo studio pubblicato su RMD Open, il gruppo di Mariagrazia Uguccioni, in collaborazione con clinici dell’Università di Zurigo e Berna e grazie al sostegno della Fondazione Ceschina, ha identificato una sottopopolazione di linfociti T CD8 che potrebbe essere coinvolta nella patogenesi della SA. Queste cellule hanno alta citotossicità, ed un’aumentata espressione di alcuni recettori per le chemochine, regolatori principali della migrazione cellulare, e di geni che promuovono il processo di ossificazione. Queste caratteristiche sono presenti esclusivamente nei pazienti con malattia attiva. Questi linfociti T, grazie all’espressione di diversi recettori per le chemochine, hanno il potenziale per migrare verso l’osso, promuovendo l’ossificazione, e verso altri siti come la pelle, l’intestino e l’occhio, dove potrebbero contribuire all’infiammazione generando danni ai tessuti.
Queste nuove scoperte suggeriscono che nuove terapie, mirate verso le chemochine, potrebbero coadiuvare gli attuali trattamenti soprattutto nella fase acuta della malattia.